La protesta dei prigionieri palestinesi dentro e fuori le carceri

La protesta dei prigionieri palestinesi dentro e fuori le carceri

di Emma Mancini

Non si ferma la protesta dei prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane, in sciopero della fame dal 27 settembre. La campagna, partita oltre una settimana fa nelle carceri di Nafha e Rimon, sta continuando ad allargarsi, fuori e dentro le galere.

Mentre dietro le sbarre sono ormai migliaia i detenuti che hanno aderito allo sciopero della fame, nelle maggiori città della Cisgiordania (a Ramallah, Nablus, Hebron, Betlemme) le piazze principali e gli ingressi dei campi profughi sono diventati il punto di ritrovo, di incontro e solidarietà: una tenda accoglie i passanti, tra le foto dei prigionieri e le bandiere del PFLP – Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, iniziatore e motore della campagna di protesta nel nome del suo segretario generale, Ahmad Sa’adat, in carcere dal marzo 2006.

“Le tende sono state montate con l’obiettivo di diventare luogo di incontro e discussione – spiega all’AIC Adnan Ramadan, responsabile della federazione di associazioni palestinesi OPGAI – Qua vengono le famiglie dei prigionieri, i detenuti rilasciati, i giovani delle città. Vengono qui per discutere e per continuare a dimostrare il loro sostegno alla causa dei prigionieri palestinesi”.

Circa undicimila i detenuti palestinesi nelle carceri israeliane, 750mila dall’inizio dell’occupazione israeliana della Cisgiordania, nel 1967. Molti ex prigionieri hanno annunciato ieri la loro adesione allo sciopero della fame in segno di solidarietà con chi è ancora dietro le sbarre, mentre su Facebook corrono gli inviti a partecipare domani ad un giorno di digiuno collettivo.

La campagna di disobbedienza civile ha come obiettivo il miglioramento delle disumane condizioni di vita nelle carceri, condizioni ulteriormente peggiorate a giugno di quest’anno quando il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha annunciato restrizioni come forma di punizione collettiva. I prigionieri palestinesi andavano puniti per vendicare il soldato dell’IDF Gilat Shalit, prigioniero di Hamas a Gaza dal 2006.

Così alle già tremende condizioni di vita nelle carceri, si sono aggiunte ulteriori restrizioni: divieto di accedere all’istruzione universitaria (“Non intendo far laureare nelle carceri esperti in terrorismo”, disse all’epoca Netanyahu), obbligo alle catene alle mani e ai piedi durante le visite di familiari e avvocati, riduzione del numero di canali tv accessibili, riduzione dei prodotti alimentari disponibili nelle mense, inasprimento dell’utilizzo dell’isolamento, divieto a ricevere libri e quotidiani e divieto a dividere la cella con un parente.

“Quello che va compreso a tutti i livelli – continua Adnan Ramadan – è che quella dei prigionieri è una questione politica. Non è una mera questione umanitaria, ma è politica: difatti viene utilizzata dalle autorità israeliane per fare pressioni sull’Autorità Palestinese. Per questo si deve agire a livello politico. Per farlo, campagne di disobbedienza civile come quella in corso hanno il merito di unificare gli sforzi dei prigionieri, della società civile, delle associazioni, delle Ong”.

A seguire riportiamo il comunicato stampa dell’associazione palestinese Addameer:

Il 27 settembre 2011, i prigionieri palestinesi detenuti nelle prigioni israeliane hanno annunciato l’avvio di una campagna di disobbedienza per protestare contro l’escalation di misure punitive prese contro di loro dall’Israeli Prison Service (IPS) nei mesi scorsi. La campagna è composta di diversi elementi, tra cui lo sciopero della fame e il rifiuto a rispettare alcune delle regole dell’IPS, come indossare le uniformi della prigione e rispondere alle chiamate collettive quotidiane.

Tutti i prigionieri membri del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (PFLP) – che hanno lanciato la campagna – in tutte le prigioni israeliane stanno prendendo parte ad una campagna 24 ore al giorno, tra cui uno sciopero della fame a tempo indeterminato. La campagna ha guadagnato terreno, con prigionieri di altre fazioni politiche che stanno gradualmente unendosi alla protesta e che prenderanno parte a atti di disobbedienza tre giorni a settimana (mercoledì, giovedì e sabato). Nelle prigioni di Ramon, Eshel e Nafha, i leader di Hamas hanno aderito part-time alla campagna il primo ottobre e nella prigione di Ashqelon detenuti di Fatah e Hamas stanno facendo lo stesso. Nelle carceri di Ofer e Naqab, sebbene un gruppo di prigionieri di altre fazioni politiche abbiano già aderito alla protesta, i rappresentanti dei diversi partiti hanno preso la decisione finale e ufficiale il 4 ottobre. In particolare, nella prigione di Ofer, si stima che entro la fine della settimana 250 detenuti di Hamas prenderanno parte allo sciopero part-time.

L’IPS ha già cominciato a punire i partecipanti allo sciopero al fine di minare le basi della protesta. Il primo e il 2 ottobre hanno trasferito rispettivamente 28 prigionieri del PFLP dalla prigione di Naqab e 6 detenuti del PFLP da quella di Ofer verso una località sconosciuta. Nella prigione di Naqab, l’IPS ha inoltre confiscato ai prigionieri in sciopero della fame l’unico nutrimento: acqua salata.

Alla luce di questi sviluppi, Addameer rinnova il suo appello a tutti i partiti politici, le istituzioni, le organizzazioni e i gruppi di solidarietà che lavorano nel campo dei diritti umani nei Territori Occupati Palestinesi e all’estero perché sostengano i prigionieri nella loro campagna di disobbedienza. Addameer continuerà a seguire da vicino la campagna di disobbedienza civile dei detenuti e fornirà regolari aggiornamenti sulla situazione in corso.

Per informazioni: www.addameer.org
(Fonte: Alternative Information Center)

Prigionieri palestinesi: lettera da inviare al primo ministro Netanyahu

Riportiamo la lettera che l’associazione palestinese per la difesa dei detenuti nelle carceri israeliane chiede di inviare al primo ministro israeliano Netanyahu e alle ambasciate israeliane dei propri Paesi. L’obiettivo è fare pressione sulle autorità d’Israele affinché migliorino le condizioni di vita nelle carceri. A seguire traduzione in italiano.

Dear [See addresses given below]

I am writing to express my deep concern over the hunger strike and campaign of civil disobedience announced by Palestinian prisoners throughout the Israeli prisons on 27 September. These actions have been declared at a time when conditions inside the Israeli prisons have worsened considerably for Palestinian political prisoners. On 23 June this year the Israeli Prime Minister announced a policy aimed at collectively punishing Palestinian prisoners for the continued incarceration of the IDF soldier Gilad Shalit. The measures that have since been implemented against Palestinian prisoners include denial of university education, books, and family visits; shackling to and from visits with lawyers or family members; restrictions on available TV channels; the separation of relatives who were previously in the same cell; and the greater use of isolation and fines as a form of punishment.

Although the Prime Minister claimed that the conditions for prisoners before this date were ‘over-generous’, there has been widespread international condemnation of the treatment of Palestinian prisoners, particularly the abusive use of isolation and other forms of ill treatment, including torture. It is widely recognized that Israel’s policies and practices with regards to Palestinian prisoners fall far below international standards, due to the regular denial of basic rights such as food and education, as well as the practice of torture and cruel, inhuman and degrading treatment; all of which are prohibited in international humanitarian and human rights law.

The Israeli Government should also be reminded that any form of collective punishment is prohibited under international law (Article 33, 4th Geneva Convention). The Israeli Prime Minister’s speech on 23 June, where further restrictions on Palestinian prisoners were announced in response to the continued incarceration of IDF soldier Gilad Shalit by militant groups in Gaza, clearly points to collective punishment against the Palestinian prisoner population. Indeed since this announcement all university education of prisoners has stopped, and in some cases family visits have been denied, some TV channels banned from the prisons, and basic food items are no longer available in the prison canteen.

I am appalled that such measures are being taken against the Palestinian prisoners, nearly 6,000 of whom are being held as political prisoners who are already subjected to isolation, long term imprisonment and detention without charge or trial. It is time for the Israeli Government to cease flouting its obligations and to stop its use of collective punishment of the Palestinian population. Until all Palestinian political prisoners are freed, they must be afforded the treatment which they are entitled to under international law. In particular, I would like to reiterate the demands of the prisoners themselves:

– End the abusive use of isolation;

– End restrictions on University education in the prisons;

– End the denial of books and newspapers;

– End the shackling to and from meetings with lawyers and family members;

– Re-install all TV channels;

– End the excessive use of fines as punishment;

– And ultimately end all forms of collective punishment, including the refusal of family visits, night searches of prisoners’ cells, and the denial of basic health treatment.

Yours sincerely

Address your letter to:

– Mr. Benjamin Netanyahu
Prime Minister
Office of the Prime Minister
3, Kaplan Street, PO Box 187
Kiryat Ben-Gurion, Jerusalem, Israel
Fax: +972- 2-651 2631
Email: pm_eng@pmo.gov.il

– And/or the Israeli embassy or consulate in your country. A directory of Israeli embassies can be found on the website of the Israeli Ministry of Foreign Affairs at the following link: http://www.mfa.gov.il/MFA/Sherut/IsraeliAbroad/Continents/

Traduzione in italiano

Gentile [vedi indirizzo a seguire]

Le sto scrivendo per esprimere il mio profondo sconcerto a causa dello sciopero della fame e della campagna di disobbedienza civile annunciata dai prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane il 27 settembre. Queste azioni sono state proclamate nel momento in cui le condizioni dentro le prigioni israeliane sono peggiorate notevolmente per i prigionieri politici palestinesi. il 23 giugno di quest’anno il primo ministro israeliano ha annunciato una politica volta a punire collettivamente i prigionieri palestinesi per la detenzione ancora in corso del soldato dell’IDF Gilad Shalit. Le misure che sono state da allora prese contro i prigionieri palestinesi includono il divieto di ricevere un’educazione universitaria, libri e visite dalle famiglie; l’obbligo delle catene durante le visite di avvocati e familiari; riduzione del numero di canali tv disponibili; separazione dai parenti che prima si trovavano nella stessa cella; e il maggiore uso dell’isolamento e di multe come forma di punizione.

Nonostante il primo ministro abbia dichiarato che le condizioni dei prigionieri prima di quella data era “molto generose”, c’è stata una condanna internazionale di vasta portata per il trattamento dei detenuti palestinesi, in particolare per l’uso eccessivo dell’isolamento e altre forme di maltrattamenti, tra cui la tortura. È ampiamente riconosciuto che le politiche e le pratiche israeliane nei confronti dei prigionieri palestinesi sono ben al di sotto degli standard internazionali, a causa della regolare violazione di diritti basilari come quello al cibo e all’educazione, così come per il ricorso a torture, pratiche crudeli e trattamenti disumani e degradanti; tutto ciò è vietato dal diritto umanitario internazionale.

Il governo israeliano dovrebbe anche ricordare che ogni forma di punizione collettiva è proibita dalla legge internazionale (art. 33 della quarta Convenzione di Ginevra). Il discorso del primo ministro del 23 giugno, nel quale sono state annunciate ulteriori restrizioni come risposta alla detenzione del soldato Gilat Shalit da parte di gruppi militanti a Gaza, è chiaramente volto a prevedere una punizione collettiva contro la popolazione carceraria palestinese. Infatti, dal momento dell’annuncio, l’educazione universitaria è stata fermata e in alcuni casi le visite delle famiglie sono state negate, canali tv sono stati banditi dalle prigioni e prodotti alimentari fondamentali non sono più disponibili nelle mense delle prigioni.

Sono inorridito all’idea che simili misure siano prese contro i detenuti palestinesi, seimila dei quali sono incarcerati come prigionieri politici e sottoposti a isolamento, reclusione prolungata e detenzione senza accuse né processi. È tempo che il governo israeliano smetta di violare i suoi obblighi e cessi di utilizzare la punizione collettiva contro la popolazione palestinese. Fino a quando tutti i prigionieri politici palestinesi non saranno stati liberati, devono essere offerto loro il trattamento previsto dal diritto internazionale. In particolare, vorrei riprendere le richieste degli stessi prigionieri:

– Fine dell’eccessivo uso dell’isolamento;

– Fine delle restrizioni agli studi universitari nelle prigioni;

– Fine del divieto a leggere libri e quotidiani;

– Fine delle catene durante gli incontri con avvocati e membri della propria famiglia;

– Reinstallazione di tutti i canali tv;

– Fine dell’utilizzo eccessivo di multe come punizione;

– Fine di tutte le forme di punizione collettiva, incluso il divieto a ricevere visite, le perquisizioni notturne nelle celle e la violazione di diritti sanitari di basi.

Cordiali saluti,

Indirizza la tua lettera a :

– Mr. Benjamin Netanyahu
Prime Minister
Office of the Prime Minister
3, Kaplan Street, PO Box 187
Kiryat Ben-Gurion, Jerusalem, Israel
Fax: +972- 2-651 2631
Email: pm_eng@pmo.gov.il

– E/o all’ambasciata e il consolato israeliano nel tuo Paese. Un elenco delle ambasciate israeliane può essere visionato nel sito del Ministero degli Affari Esteri al seguente indirizzo: http://www.mfa.gov.il/MFA/Sherut/IsraeliAbroad/Continents/
(Fonte: Alternative Information Center )