Estratti

Da un dibattito organizzato dal Comitato pisano di solidarietà con la Palestina,maggio 2005.

Buona sera a tutti.
Inizio subito ad elencare i fatti, prima di fare qualunque tipo di considerazione.
Il 16 giugno 2003, i governi italiano e israeliano firmano un “memorandum” di intesa, in materia di cooperazione nel settore militare e della difesa.
Che cosa è questo “memorandum” di intesa?
Secondo il testo ufficiale, è un accordo generale quadro – quindi non semplicemente un accordo tecnico – che regola la cooperazione tra le parti nel settore della difesa, e riguarda: l’interscambio di materiale di armamento, l’organizzazione delle forze armate, la formazione e l’addestramento del personale militare e – campo privilegiato – la ricerca e sviluppo in campo militare. Sono previsti, sempre a tale scopo, scambi di esperienze tra esperti delle due parti, partecipazione di osservatori a esercitazioni militari e, si sottolinea, programmi di ricerca e sviluppo in campo militare.

Poco più di un anno dopo, esattamente il 18 novembre 2004, il Ministro della Difesa israeliano incontra a Roma il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e il Ministro della Difesa Martino. Che cosa si siano detti, naturalmente, non è stato comunicato ufficialmente, però, c’è un indizio importante. Secondo fonti militari israeliane citate dalla rivista statunitense “Voice of America”, esattamente il 22 novembre 2004, il Ministro della Difesa israeliano ha concordato tra l’altro con il Governo italiano – quindi nel campo di un “memorandum” di intesa che sta divenendo operativo – lo sviluppo congiunto di un nuovo sistema di guerra elettronica , naturalmente altamente segreto.
Le stesse fonti militari israeliane citate da “Voice of America” parlano dello stanziamento di 181 milioni di dollari come primo acconto in un quadro molto, molto più ampio.
La prima considerazione da fare è questa: fino ad ora il governo israeliano ha colloquiato in questi settori militari a tecnologia avanzata solo con gli Stati Uniti d’America. Il fatto che venga stabilito un programma congiunto italo-israeliano, che si cominci già a finanziarlo, indica che il “memorandum” d’intesa ha avuto sicuramente il “nulla osta”, la luce verde da Washington.
L’altro indizio su che cosa si stia preparando, è il fatto che il disegno di legge è stato presentato dal Ministero degli Esteri e dal Ministero della Difesa “di concerto” con il Ministro dell’Università e della Ricerca, Moratti: l’Università italiana, quindi la ricerca universitaria, avrà un ruolo in tutto questo.
L’aspetto più grave , se questo “memorandum” d’intesa (ormai sulla via di approvazione definitiva) diverrà legge a tutti gli effetti, è che l’industria militare e le forze armate del nostro Paese saranno coinvolte in attività di cui nessuno, neppure nel Parlamento della Repubblica Italiana, sarà messo a conoscenza.
Se si leggono i punti specifici del “memorandum”, emerge che l’accordo è soggetto ad un altro accordo precedente, cosiddetto “sulla sicurezza”, che, tradotto in parole povere, significa che tutte queste attività saranno coperte dal segreto.
Non è una novità. Quando ci si muove nel campo militare, soprattutto della ricerca in campo militare, il segreto è imperante, e questo non vale solo per questo accordo, né vale solo per gli Stati Uniti: ogni Paese, ogni potere che si rispetti impone il segreto militare in questo campo.
All’interno di questo accordo quadro, potrà avvenire di tutto senza che neppure il Parlamento italiano sia messo a conoscenza, una volta che venga avviato.
Ora, che cosa ha da guadagnare Israele, che cosa ha da guadagnare l’Italia da questo accordo?
Israele è una potenza nucleare, lo dice il Direttore dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, lo dicono mille prove, lo ha detto l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, ma non lo ha mai detto esplicitamente il Governo israeliano, il quale non ammette il possesso di armi nucleari.
Allora è chiaro che tecnologie italiane (dato che l’industria militare israeliana è tra le prime nel mondo ) potranno essere utilizzate segretamente per potenziare le capacità di attacco dei vettori nucleari israeliani.
Che cosa sarà questo sistema di guerra elettronica altamente segreto, se non un potenziamento di capacità di difesa, strettamente organica con la capacità di attacco, il cosiddetto “scudo” ?
L’altro aspetto, facile da intuire, è che le forze armate israeliane si avvarranno della cooperazione italiana, in generale per rendere più letali le armi che hanno usato fin ora soprattutto contro i palestinesi, ma non solo.
Anche le forze armate italiane hanno da guadagnare da questo scambio, soprattutto sul terreno dell’organizzazione, dell’addestramento, dei metodi da usare, nelle attuali e future missioni, cosiddette di “peace keeping” in Iraq, Afghanistan, e in altri Paesi, sulla scia della macchina bellica statunitense.
Quindi, siamo di fronte a qualcosa che va bene al di là dell’accordo tecnico, questo hanno detto al momento della presentazione i Ministri Frattini e Martini, i quali sottolineano che si tratta di: “ ….un preciso impegno politico assunto dal Governo italiano in materia di cooperazione con lo stato di Israele nel campo della difesa…. Questo impegno politico corrisponde a interessi strategici nazionali….”
E’ evidente l’implicazione generale: una volta che questo “memorandum” d’intesa, in procinto di essere trasformato in legge, l’Italia sarà automaticamente al fianco del Governo Sharon in qualunque sua azione, fattivamente contribuirà alle sue politiche di guerra.
Contemporaneamente – ci si chiede – come potrà l’Italia presentarsi in Medio Oriente nel ruolo di mediatrice quando apparirà chiaro a tutti, sia tra le masse arabe e mussulmane, sia per i governi arabi, che l’Italia sta attivamente potenziando l’apparato bellico israeliano e quindi, quelle stesse armi che sono dirette contro i loro Paesi?
E’ evidente il contenuto di questo memorandum, che vincola non solo l’attuale Governo, ma anche i Governi a venire, in quanto l’accordo è quinquennale e prevede un meccanismo di rinnovo automatico: per non essere rinnovato una delle due parti dovrà denunciare l’accordo, dicendo: “no, stop, mi ritiro”.
Ora, stando con i piedi in terra, si capisce bene che questa ipotesi è molto remota, dato che implicherebbe una sorta di rottura su ben altri piani tra i due governi. Quindi, una volta che questo “memorandum” d’intesa, questo accordo, diventa legge a tutti gli effetti, vincolerà anche i futuri governi. Questo per quanto riguarda la natura dell’accordo.

Che cosa è avvenuto al Senato? L’accordo è passato in maniera travolgente: 170 voti favorevoli, 18 contrari, 4 astenuti. Con questi numeri il Senato italiano ha approvato il 2 febbraio il disegno di legge numero 3181 sulla ratifica del “memorandum di intesa militare tra Italia e Israele” .
Un successo dovuto al fatto che si è creato – per usare un termine alla moda – uno schieramento “by-partisan”. Non solo il centro destra ha votato a favore, ma contemporaneamente anche il grosso del centro sinistra. Ed ecco, quindi, spiegati i numeri.
In particolare, il gruppo Democratici di Sinistra/Ulivo, che si è schierato – chiaramente – con il centro destra.
Diamo i numeri: il gruppo al Senato dei Democratici di Sinistra-Ulivo, ha 63 membri. Di questi 63 membri, 37 hanno espresso voto favorevole, tanto per fare nomi e cognomi: Massimo Brutti, Luciano Modica – nome abbastanza noto a Pisa – Claudio Petruccioli.
E gli altri? Gli altri non erano in Aula!
Probabilmente per alcuni ci sarà stata una giustificazione, ma per la maggioranza l’assenza era ingiustificata. E’ stato un modo di sottrarsi a una decisione scomoda, tra l’aiutare il falco Sharon o dire no prendendosi l’accusa – naturalmente – di antisemitismo. Questi sono i termini spiccioli del dibattito e gli strumenti che si usano. E allora, ecco che Gavino Angius, Cesare Salvi e altri, semplicemente non vanno in Aula! Qualcun altro, tipo Antonio Jovene, nel momento del voto, si alza e se ne esce….. avrà avuto un bisogno impellente, fisico… insomma, proprio in quel momento se ne va!
Per onore della cronaca, si deve dire che due membri del gruppo Democratici di Sinistra-Ulivo, esattamente Massimo Bonavita e Paolo Brutti hanno votato contro. Un altro si è astenuto. Poi, hanno votato contro i tre senatori di Rifondazione Comunista, i due del Partito dei Comunisti Italiani, il gruppo dei Verdi. Si sono aggiunti a questi voti contrari, oltre ai due dei Democratici di Sinistra suddetti, tre del Gruppo Misto, tra cui Achille Occhetto.
4 gli astenuti, tra cui la Caietana de Zulueta, che fa parte appunto del Gruppo Misto.
Sintomatico della convergenza “bi-partisan”, è l’intervento che ha fatto il senatore Giorgio Tonini, incaricato della dichiarazione di voto del gruppo Democratici di Sinistra-Ulivo, cito due frasi esemplificative dell’intervento: “….l’amicizia del nostro Paese nei confronti dello Stato di Israele è un elemento di fondo della politica estera italiana……Sarebbe pertanto assolutamente incomprensibile inserire un elemento di sospetto nei confronti dello stato di Israele fino ad arrivare ad esprimere perplessità rispetto ad un accordo di cooperazione militare”.
Questa è la dichiarazione di voto, agli atti ufficiali del Senato della Repubblica Italiana.
Così passa in Senato e arriva alla Camera, dove è già stato compiuto il primo passo: Il 16 marzo la Commissione Esteri della Camera ha dato luce verde a mandare in Aula per l’approvazione l’accordo militare italo-israeliano.
Alla Camera c’è una novità. Infatti, hanno espresso parere contrario, in sede di Commissione Esteri, non solo Rifondazione Comunista, Comunisti Italiani e Verdi, ma anche – pur essendo scarsamente presenti….– i Democratici di Sinistra-L’Ulivo e Margherita-L’Ulivo.
Su quale base, questi due gruppi, hanno contraddetto il voto al Senato?
Su due elementi importanti e condivisibili.
Uno perché l’accordo viola la legge 185 sull’esportazione di armamenti. Una volta iniziata la cooperazione militare con Israele, nella fabbricazione di determinati sistemi di arma, è chiaro che qualunque efficacia della legge 185, già gravemente indebolita nel frattempo, viene ad essere spazzata via.
L’altro elemento evidenziato è che questo accordo istituisce una cooperazione militare con un Paese che non ha firmato il Trattato di non proliferazione delle armi nucleari. Non è stato detto: un Paese che possiede armi nucleari e che per di più non ha firmato il Trattato di non proliferazione, ma solo “un Paese che non ha firmato il Trattato di non proliferazione” quindi, potrebbe anche non avere ancora le armi nucleari…. Comunque un passo avanti rispetto a quello che è avvenuto al Senato. Ma le cose non sono così chiare: si tratta di una posizione presa con una presenza minima di questi due gruppi in sede di Commissione Esteri, sotto pressione delle altre componenti del centro sinistra.
Come si comporterà il centro sinistra nel suo complesso al momento del voto alla Camera?
L’accordo è stato affidato alla Commissione Esteri ma è stato chiesto, come di regola, il parere di altre Commissioni.
Un parere importante è quello della Commissione Affari Costituzionali, che ha un comitato permanente per i pareri. Leggiamo cosa ha detto la relatrice DS-Ulivo l’Onorevole Sesa Amici in un passaggio cruciale: “….con riferimento agli aspetti di legittimità costituzionale, il provvedimento in titolo ( cioè l’accordo militare italo-israeliano n.d.r) non solleva motivi di rilievo, per cui la Commissione formula una proposta di parere favorevole”.
Le reazioni al realizzarsi di questo accordo sono sino ad oggi estremamente limitate, in rapporto evidente alla conoscenza che si ha di questo fatto.
Questo è un dato abbastanza generale: la partecipazione reale alla vita democratica è condizionata dall’informazione. Mancando la conoscenza di quello che avviene nelle Aule Parlamentari, nelle Commissioni eccetera, è chiaro che non ci può essere nessun tipo di reazione.
Da citare, tra le prese di posizione positive contro questo accordo con Israele, l’appello di un gruppo di scienziati promosso da un gruppo collegato all’associazione “scienziate e scienziati per il disarmo”.
Le ragioni dell’appello sono quelle che abbiamo detto sino ad ora, in più si evidenzia l’impegno dei firmatari – rivolto ai colleghi nel campo della ricerca – a non lasciarsi coinvolgere in questo accordo: “non prendere parte” – dicono – “con i nostri saperi e le nostre ricerche, alle attività specifiche derivanti dall’attuazione di questo memorandum d’intesa”. Si assumono anche l’impegno a monitorare i programmi di cooperazione militare che dovessero essere avviati tra Università italiane, centri di ricerca, centri di eccellenza, consorzi, laboratori di ricerca scientifica privata e pubblica, industrie italiane e non con Israele.
Siamo di fronte a una situazione di estrema gravità.
Se la Camera vara quest’accordo firma una cambiale in bianco, in un momento estremamente grave, in cui l’Iran è sotto il mirino sia degli Stati Uniti che di Israele. Sicuramente è pronto un piano di attacco agli impianti nucleari civili iraniani. Impianti sotto il controllo dell’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica, attualmente non finalizzati alla produzione militare.
Israele è l’unico Paese che mantiene un arsenale nucleare nell’area. Le sue armi nucleari sono puntate contro gli altri Paesi della regione. quando– come negli ultimi tempi – ci sono scambi di accuse tra Israele e l’Iran, è chiara la partita in gioco. La differenza è netta: l’Iran non ha armi nucleari, Israele si, e di particolare tipo, come le bombe neutroniche, di cui non si può escludere l’uso in un eventuale conflitto .
Dietro a questa aggressività ci sono gli Stati Uniti.
Non si parla di un piano per attaccare con armi nucleari gli impianti iraniani, si parla di un attacco condotto con armi non nucleari, di cui sono emersi anche particolari molto espliciti sui preparativi.
Si ripeterebbe quello che Israele già fece con l’attacco ad un reattore iracheno nel 1981 Si parla esplicitamente di un attacco condotto con l’appoggio statunitense indiretto o diretto. Sicuramente tutta la rete militare statunitense – soprattutto quella satellitare – sarebbe fondamentale per un attacco di questo tipo.
l’Iran a quel punto sarebbe di fronte ad un bivio: attaccare, pur non possedendo armi nucleari, cercando – ad esempio – di colpire il centro nucleare di Dimona in Israele.
Con tutta probabilità la risposta sarebbe un attacco nucleare. Teheran potrebbe essere spazzata via dalla faccia della Terra! Questo è il dato nudo e crudo.
Questo è il contesto nel quale si inserisce l’accordo militare italo-israeliano, in una situazione sempre più preoccupante nella quale la macchia bellica statunitense e israeliana è in moto.
Sono usciti nel marzo di questo anno due documenti ufficiali del Pentagono. Uno è intitolato “La strategia della difesa nazionale degli Stati Uniti d’America”, e l’altro “La strategia militare nazionale degli Stati Uniti d’America”. Due documenti complementari.
In questi due documenti si parla, nel caso di un Paese che usi armi di distruzione di massa, di una risposta attraverso tutte le capacità militari USA, comprese quelle nucleari. Apparentemente nulla di nuovo. Ma c’è un piccolo particolare: hanno modificato la categoria delle armi di distruzione di massa.
Fino ad ora per “armi di distruzione di massa” si è inteso armi nucleari chimiche, biologiche
In questi documenti il Pentagono ha rivisto le categorie d’arma da menzionare come nelle armi di distruzione di massa. Rientrano ora non solo armi nucleari, chimiche, batteriologiche, ma anche ordigni radiologici ed esplosivi ad alto potenziale.
Il Pentagono non specifica quale è il limite tra un esplosivo e un esplosivo ad alto potenziale. Tutti gli eserciti moderni hanno esplosivi ad alto potenziale.
Ma non è finita. Tra le armi di distruzione di massa, vengono incluse le cosiddette “armi asimmetriche”, tra cui i “cyber-attacchi” contro i sistemi statunitensi di informazione commerciale!
Teoricamente basta che un gruppo bene organizzato e capace di “aker” attacchi con virus informatici, bloccando un sistema statunitense di informazione commerciale che automaticamente il Paese da dove è partito l’attacco – agli occhi del Pentagono – ha usato una delle armi di distruzione di massa, rientrando così nelle categorie dei Paesi che possono essere colpiti da armi nucleari.

Altro elemento da tener presente è il preoccupante interesse dell’attuale Ministero degli Interni per questo accordo, per il quale ha espresso parere positivo , sostenendolo caldamente: le forze israeliane hanno molto da insegnare a quelle italiane in materia di gestione di turbolenze interne…..