Hasbara: come i cattivi diventano i buoni

Hasbara

di Gianfranca Fois.

Forse non tutti sanno che all’interno dei ministeri e dell’esercito di Israele c’è il dipartimento Hasbara.

A Hasbara dobbiamo tutte le campagne di propaganda mirate alla costruzione di una narrazione israeliana non solo della realtà ma anche della storia di Israele. Non tutti sono d’accordo nel tradurre il termine hasbara con propaganda ma di fatto di questo si tratta.

Sin dall’antichità tutti i governi, di qualsiasi tipo, hanno sempre cercato di organizzare il consenso intorno al proprio operato e al proprio paese.

Dagli inizi del XX secolo questa attività è risultata molto più intensa e pervasiva grazie al nascere e al diffondersi dei mezzi di comunicazione di massa.

Niente è però paragonabile a quanto fa Israele per diffondere in tutto il mondo, ma in particolare nei paesi così detti occidentali, l’idea di un paese, unica democrazia in medio oriente, circondato da paesi che vogliono eliminarlo. Su questa narrazione si dipanano i fili della hasbara.

Abbiamo così giornalisti compiacenti o giornalisti che anche quando criticano Israele lo fanno sempre in modo molto lieve quasi volessero allo stesso tempo chiedere scusa, pronti subito dopo a mettere in evidenza aspetti negativi dei Palestinesi.logo news Se prestiamo ad esempio attenzione ai servizi dei corrispondenti da Gerusalemme della Rai che si sono succeduti negli anni possiamo rendercene facilmente conto. Contemporaneamente chi ha posizione critiche può essere costretto alle dimissioni come è successo l’anno scorso al giornalista statunitense della CNN Jim Clancy.

Ma prendiamo un altro esempio, gli scrittori famosi di Israele che partecipano spesso fuori dal loro paese a convegni, dibattiti, fiere letterarie e che vengono accolti come democratici e progressisti. Eppure se leggiamo i loro libri notiamo che mai viene usato il termine Palestinese ma il termine generico Arabo e talvolta beduino. E’ difficile che traspaiano riferimenti al conflitto israelo-palestinese e i Palestinesi nella trama del racconto ricoprono ruoli minori, spesso vengono messi in ridicolo o connotati negativamente con un abile scelta di nomi e aggettivi. Non parliamo poi delle circolari che arrivano nelle scuole italiane per sviluppare rapporti, bandire concorsi su Israele.

Si tratta solo di alcuni esempi che però mostrano la presenza di un lavoro meticoloso, effettuato da agenzie governative e non governative, blog, gruppi di pressione che intervengono costantemente attraverso anche gruppi di appoggio disseminati ovunque per mostrare Israele in modo positivo.

Nonostante ciò da alcuni anni questi sforzi israeliani stanno dando risultati modesti, in diverse parti del mondo sta nascendo la consapevolezza che questa propaganda nasconda solo quello che è il vero atteggiamento di sopraffazione di Israele nei confronti dei Palestinesi.

I Palestinesi stanno cominciando a dare forza a quella che è stata ed è la loro storia, a far conoscere la Nakba, la catastrofe che si è abbattuta nel 1948 sul loro popolo quando gli Israeliani e le loro bande terroristiche hanno attaccato le città e i villaggi palestinesi portando morte e distruzione, costringendo moltissimi ad abbandonare le proprie case e fuggire, insomma una vera e propria pulizia etnica.

A livello internazionale si è diffuso il BDS che ha portato al boicottaggio dei prodotti israeliani e in particolare a quelli coltivati o prodotti nelle colonie che Israele ha illegalmente fondato nei territori palestinesi. apatheid weekUguale diffusione ha conosciuto la settimana anti apartheid che si svolge ogni anno in tantissime università di tutto il mondo e che prevede proiezioni di filmati, dibattiti e presentazioni di libri per denunciare il sistema di apartheid di Israele nei confronti dei Palestinesi nei territori occupati e in Israele.

Per quanto riguarda Cagliari inoltre su iniziativa dell’Associazione Sardegna-Palestina si è anche affermato un importante festival del cinema palestinesi, Al Ard, che presenta documentari e fiction sui vari aspetti della storia, della società, delle tradizioni e delle difficili condizioni di vita dei Palestinesi.

Queste attività hanno consentito ai cittadini comuni non solo di Cagliari ma anche di altri centri dell’isola di conoscere le vicende del popolo palestinese e le sue lotte per l’affermazione dei propri diritti.

Evidentemente tutto ciò non è sfuggito all’occhio vigile di Israele, quest’anno infatti la rettrice dell’Università di Cagliari, pare su pressione dell’ambasciata israeliana, ha negato la possibilità di utilizzare le aule universitarie per la settimana anti apartheid. Nei giorni scorsi inoltre è approdato in città l’ambasciatore di Israele Naor Gilon ospite del Presidente della Regione Pigliaru. Sicuramente si è trattato di incontri fruttuosi per entrambe le parti sotto numerosi punti di vista. Non sono un mistero i lucrosi affari e le importanti relazioni tra imprese e istituzioni israeliane e italiane, e quindi anche sarde, nei diversi campi, difesa, sicurezza, commercio d’armi, attività scientifica e ora anche il settore agroalimentare. Il clima è stato amichevole, non è stato certo turbato dalle notizie di morti e arresti di Palestinesi ad opera di Israeliani che arrivano ormai quotidianamente.

Insomma tutto deve rientrare nell’ordine delle cose predisposto da Israele. La hasbara non deve conoscere dubbi ma solo far “conoscere il bello e il buono di Israele”, ogni altra narrazione deve essere cancellata.