L’arresto di Ahed Tamimi getta una luce inquietante su come i bambini sono presi di mira da Israele

Jonathan Cook

January 8, 2018  The National (qui)

Forse non è  Ahed Tamimi il simbolo  che gli israeliani avevano in mente quando, per molti anni, hanno criticato i palestinesi per non aver prodotto un Mahatma Gandhi o Nelson Mandela.bandiera

I popoli colonizzati prima o poi riescono a far emergere   la  figura che più si adatta a sfidare quei putridi valori al centro della società che li opprime.  Ahed sembra proprio la figura che può servire a questo scopo.

Dopo aver schiaffeggiato due soldati israeliani armati fino ai denti che  si rifiutavano di lasciare il cortile della sua casa di famiglia nel villaggio di Nabi Saleh, vicino a Ramallah, nel West Bank e’ stata accusata la settimana scorsa di aggressione e istigazione alla rivolta. Sua madre, Nariman, è detenuta per aver filmato l’incidente. Il video è diventato rapidamente virale.

L’episodio è avvenuto dopo che dei  soldati non lontano da casa sua  hanno sparato in faccia a suo cugino quindicenne, ferendolo gravemente.

Nei media occidentali non si è dato  ad Ahed il tipo di sostegno che normalmente viene riservato ai manifestanti per la  democrazia in luoghi come la Cina e l’Iran. Ciononostante, questa studentessa palestinese – che molto probabilmente subirà una dura condanna per aver sfidato i suoi oppressori – è diventata rapidamente un’icona dei social media.

Ahed che fino ad adesso era sconosciuta  alla maggior parte degli israeliani, è un volto familiare per i palestinesi e per gli attivisti di tutto il mondo.bambina

E’ da molti anni che  lei ed altri abitanti del villaggio si  scontrano settimanalmente con l’esercito israeliano che impone il dominio dei coloni ebrei su Nabi Saleh. Questi coloni hanno occupato con  la forza le terre del villaggio ed una antica sorgente, fonte d’acqua vitale per una comunità che dipende dall’agricoltura.

Unica, per la sua particolare capigliatura bionda ed i suoi penetranti occhi azzurri, Ahed fin da bambina  è stata ripresa e fotografata mentre affrontava i soldati che la sovrastavano. Scene del genere hanno ispirato una veterana attivista pacifista israeliana a consacrarla come la sua Giovanna D’Arco Palestinese.

Ma sono pochi gli israeliani che ne sono così innamorati.con soldatessa

Non solo si è fatta gioco dello stereotipo che gli sraeliani hanno del palestinese, ma ha anche ridicolizzato una cultura altamente militarizzata e maschilista.

Ha anche dato una faccia a quei  bambini palestinesi finora anonimi che Israele accusa del lancio di pietre.

I villaggi palestinesi come Nabi Saleh sono regolarmente invasi dai soldati. I bambini vengono trascinati via dai loro letti nel bel mezzo della notte, come è successo ad Ahed durante il suo arresto il mese scorso per rappresaglia allo schiaffo dato ad un soldato. Le associazioni che si occupano di diritti umani hanno raccolto molte evidenze su come  i bambini vengano regolarmente picchiati e torturati durante la detenzione.

Ogni anno finiscono nelle carceri israeliane centinaia di bambini accusati di aver lanciato pietre. Con i tassi di condanna dei tribunali militari israeliani di oltre il 99%, la colpevolezza e l’incarcerazione di questi bambini è una conclusione scontata. Possono anche ritenersi  fortunati. Negli ultimi 16 anni l’esercito israeliano ha ucciso in media 11 bambini al mese.morso

Il video di Ahed, proiettato ripetutamente dalla tv israeliana, ha minacciato di ribaltare l’immagine che Israele da di se: Davide che combatte contro l’arabo Golia. Questo spiega l’oltraggio ingiurioso e l’indignazione  che ha colpito  Israele da quando è stato trasmesso il video.

Com’era prevedibile, i politici israeliani si sono infuriati. Naftali Bennett, ministro dell’educazione, ha chiesto che  Ahed  “finisca la sua vita in prigione”. La ministra  della cultura Miri Regev, ex portavoce dell’esercito, ha detto di sentirsi personalmente “umiliata” ed “imbarazzata” da Ahed.

Ma più preoccupante è il dibattito mediatico che ha considerato una “vergogna nazionale”  l’incapacità dei soldati di colpire  Ahed in risposta ai suoi schiaffi.

Il venerato conduttore televisivo Yaron London si è mostrato stupito del  fatto che i soldati “non abbiano usato le armi ” contro di lei, chiedendosi se “la loro esitazione non fosse vigliaccheria”.

Ma le minacce di Ben Caspit , un importante analista israeliano, sono state molto più violente. In un suo pezzo ha scritto che quel che ha fatto Ahed ha fatto “ribollire il sangue di ogni israeliano”. Ed ha proposto di  sottoporla ad una punizione “di nascosto, senza testimoni e telecamere”, ed ha aggiunto come fosse conscio  che questa sua forma di vendetta lo avrebbe portato ad sua detenzione certa.grande con stella

Il solo pensiero  di violare a sangue freddo un bambino incarcerato  avrebbe dovuto far star male  ogni israeliano. Eppure il signor Caspit è ancora tranquillo  nel suo posto di lavoro.

Il caso di Ahed oltre a denunciare la malattia di una società dedita alla disumanizzazione e all’oppressione dei palestinesi, compresi i bambini, solleva l’inquietante questione di quale tipo di resistenza gli israeliani ritengano che i palestinesi siano autorizzati a fare.

Su questo almeno Il diritto internazionale è chiaro. Le Nazioni Unite hanno dichiarato che le persone sotto occupazione possono usare “tutti i mezzi disponibili”, compresa la lotta armata, per liberarsi.

Ma Ahed, gli abitanti del villaggio di Nabi Saleh e molti palestinesi come loro hanno preferito adottare una strategia diversa: un confronto utilizzando la  disobbedienza civile e militante. Questo tipo di  resistenza sfida l’ipotesi dell’occupante di avere il diritto di comandare i palestinesi.

La scelta di questo tipo di resistenza  contrasta fortemente con l’Autorità Nazionale Palestinese di Mahmoud Abbas che è invece impegnata costantemente a fare compromessi con gli israeliani attraverso la cosiddetta “cooperazione per la sicurezza”.

Secondo l’editorialista israeliano Gideon Levy, il caso di Ahed dimostra che gli israeliani negano ai palestinesi il diritto non solo di usare razzi, pistole, coltelli o pietre, ma anche  quello che lui, con ironia chiama la “rivolta degli schiaffi”.

Ahed ed il villaggio di Nabi Saleh hanno dimostrato che la resistenza popolare disarmata – che tanto  disagio provoca ad israele e nel mondo – non può permettersi di essere passiva o gentile, ma deve essere coraggiosa, antagonista e dirompente.grande

Ma soprattutto deve fare da specchio all’oppressore. Ahed ha messo a nudo il bullo armato di pistola che si nasconde nell’anima di troppi israeliani. Questa è una lezione degna di Gandhi o Mandela.