Nel

Fronte comune Ricercatori israeliani e statunitensi studiano assieme possibili modifiche alla Convenzione di Ginevra. La «guerra al terrorismo» la pagheranno sempre di più i non combattenti.

 

Michele Giorgio, Il manifesto, 6 Ottobre 2007

Gerusalemme

Modificare le convenzioni internazionali, a cominciare da quella di Ginevra, e «ridefinire» il concetto di «combattente per la libertà» per avvicinarlo il più possibile a quello di «terrorista». Con questi obiettivi, mascherati dalla conferenza «Nuovi campi di battaglia, vecchie leggi», i ricercatori dell’International Institute for Counterterrorism (Ict) e della Maxwell School of Citizenship and Public Affairs (Syracuse University), lo scorso luglio si sono riuniti all’Interdisciplinary College di Herzliya, vicino Tel Aviv.
L’incontro era stato fissato un anno prima a Chicago da Boaz Ganor, direttore dell’Ict, e da Mitchel Wallerstein, preside della Maxwell School, mentre Israele era impegnato nella sua offensiva nel sud del Libano. Erano giorni in cui i civili libanesi morivano a decine negli attacchi israeliani lanciati ufficialmente contro Hezbollah e il governo di Ehud Olmert era criticato dagli organismi umanitari.
Ganor, a capo di quello che è considerato un luogo di culto dell’establishment politico-militare israeliano, e Wallerstein riflettevano sulla necessità di reinventare le leggi che stabiliscono una netta distinzione tra militari e civili, sancendo per questi ultimi il diritto alla protezione durante i conflitti.
Si interrogavano su come si può condurre una «guerra moderna» contro (presunti) «terroristi» in centri abitati, senza preoccuparsi dei «danni collaterali», ovvero di civili uccisi. Israele da tempo invoca nuovi accordi per abbattere i vincoli posti dalle convenzioni internazionali, in modo da avere le mani più libere nei Territori occupati palestinesi. La recente decisione del governo Olmert di dichiarare Gaza «entitò nemica» è stato il segnale evidente di questo desiderio di operare senza doversi preoccupare più di tanto se nelle aree di intervento ci siano civili assieme a miliziani armati. In ciò ha il pieno appoggio degli Usa che si sentono limitati nella esecuzione delle operazioni «anti-terroristiche» in Iraq.
«Durante meeting e seminari avuti nei mesi successivi all’incontro di Chicago – ha riferito Ganor -, abbiamo discusso della modifica delle Convenzioni di Ginevra e dei Protocolli dell’Aja che e non sono piu adatti al campo di battaglia asimmetrico che abbiamo oggi di fronte a noi». Guerra asimmetrica è la definizione usata dai sostenitori della modifica radicale delle convenzioni internazionali vigenti, per descrivere i conflitti tra Stati nazionali e i cosiddetti non-Stati, ovvero i «terroristi» (movimenti di liberazione, organizzazioni guerrigliere e altro).
«Le Convenzioni di Ginevra non sono una vacca sacra e abbiamo il diritto morale di riesaminarle alla luce dei pericoli e delle minacce che affrontano i nostri paesi (Israele e Usa)», ha spiegato il direttore dell’Ict andando al nocciolo del problema: in nome della guerra al terrorismo si può agire indisturbati, anche contro infrastrutture civili (acqua, energia elettrica) a Gaza e in Cisgiordania, così come a Baghdad e nel resto dell’Iraq, senza scatenare condanne internazionali ogni volta che vengono colpiti innocenti. «Soprattutto – ha precisato Ganor – è importante stabilire la differenza tra chi compie attacchi (in un’area popolata, ndr) contro forze armate nemiche e chi colpisce deliberatamente i civili».
Ganor in sostanza vuole legittimare le operazioni militari che, dirette contro uomini armati, fanno strage anche di civili. Un tentativo contestato dall’avvocato dei diritti umani Michael Sfard, consulente di Amnesty International. «In guerra – ha detto – ci sono due categorie di esseri umani: civili e militari, crearne altre porterebbe solo a massacri di persone innocenti».