MARDAN (PAKISTAN) — Sono arrampicati a grappoli sui cassoni dei camion colorati. Le auto hanno i porÂtapacchi sul tetto carichi all’inverosimile di valiÂgione tenute assieme da corde di canapa, e poi coperte, secchi, pentole, e materassi, soprattutÂto materassi per i bivacchi dei prossimi giorni. All’interno degli abitacoli, le donne si coprono il viso non appena uno straniero le fissa. E doÂvunque sono stipati bambini, accaldati, pianÂgenti, che saltano sulle ginocchia degli autisti che lasciano fare, stanchi per le lunghe ore di tensione segnate dalla paura dei bombardamenÂti, stremati dalle attese ai posti di blocco. Si distinguono immediatamente i veicoli dei profughi in fuga da Swat, Dir, Buner e le altre regioni dove da cinque giorni l’esercito pachiÂstano ha lanciato contro i talebani quella che il presidente Asif Ali Zardari ieri è tornato a definiÂre la «battaglia decisiva per la sopravvivenza del nostro Paese».