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Lettera aperta al direttore del Corriere della Sera Paolo Mieli

Egregio Direttore,

le posizioni del quotidiano da Lei diretto sul problema israelo-palestinese si caratterizzano per un sostegno, a nostro avviso assai acritico, della politica del governo israeliano che prosegue nella durissima repressione del popolo palestinese (lo storico israeliano Ilan Pappè ha ripetutamente parlato, recentemente, di genocidio a Gaza e di pulizia etnica in Cisgiordania) e per un appoggio, anche esso assai acritico, sempre a nostro avviso, alla complicità dell’Occidente e dell’Europa.

Né vengono tenute in alcun conto, anche solo a livello informativo, le posizioni duramente critiche che si levano, sia all’interno di Israele sia in seno all’ebraismo internazionale, da parte di intellettuali, giornalisti e politici come Uri Avnery, Avraham Burg, Noam Chomsky, Tony Judt, Edgar Morin, Jeff Halper, Ilan Pappè, Michael Warschawsky e numerosi altri, senza dimenticare giornalisti del quotidiano israeliano Haaretz come Meron Benvenisti, Amira Hass, Gideon Levy e Danny Rubinstein.

Nulla è possibile sapere dal giornale da Lei diretto sui crimini commessi quotidianamente dall’esercito israeliano, crimini contro la popolazione civile che sono stati denunciati e dai reduci dell’esercito israeliano e da alcune organizzazioni israeliane di difesa dei diritti umani.

Passerà del tempo, ma alla fine il mondo guarderà con occhi assai critici a quello che è stato scritto e a quello che non è stato scritto sui media occidentali, non solo a proposito del conflitto israelo-palestinese, in questo passaggio d’epoca.

Ma il Corriere della Sera non si ferma qui.

Dalle sue colonne viene messa in atto una campagna di intimidazione e di costruzione dell’altro come nemico.

Il 6 novembre Magdi Allam, prendendo lo spunto da un prontuario per immigrati arabi predisposto dalla Polizia di Stato, ha denunciato ai responsabili del Ministero degli Interni la prof.ssa Claudia Tresso, docente di Lingua araba presso l’Università di Torino, che peraltro risulta aver collaborato in modo del tutto marginale al prontuario, colpevole, secondo Allam, di essere tra i firmatari del documento “Facciamo sentire la nostra voce – Una Campagna per le verità”, al quale hanno aderito, poco dopo la fine della guerra del 2006 in Libano, alcune centinaia di docenti universitari, di docenti di scuole superiori, di intellettuali, di artisti e di semplici cittadini/e, nel silenzio quasi totale dei media, dei politici e degli intellettuali più noti, mentre per il suo giornale Gianni Riotta si affrettava ad andare a intervistare Shimon Peres e Tzipi Livni, sottolineando della seconda “il sottile fascino”.

In tre giorni e precisamente domenica 4 novembre (intervento contro i firmatari dell’appello “Gaza Vivrà”, in quanto“schierati con i terroristi islamici” di Hamas) e martedì 6 novembre, Magdi Allam, dalle pagine del Corriere della Sera, ha lanciato una lista di proscrizione nei riguardi di quante/i hanno tentato di rompere il silenzio dei media e della gran parte del ceto politico, per denunciare le operazioni di guerra israeliane, che in Libano hanno prodotto oltre 1200 morti e la distruzione di metà del territorio, e la situazione sempre più drammatica dei Territori Palestinesi Occupati da oltre 40 anni da Israele nella assoluta inosservanza delle risoluzioni dell’ONU e dei pareri della Corte Internazionale di Giustizia, con la Cisgiordania ridotta ormai a poche enclave e con la Striscia di Gaza, una prigione a cielo aperto, ai limiti di una catastrofe umanitaria, documentata da organismi sia dell’ONU che della Banca Mondiale. E il peggio sembra essere ancora alle porte.

Di Magdi Allam è ben nota la propensione ad atteggiamenti “eccessivi”, oltranzisti sarebbe un termine più esatto, che sono stati stigmatizzati e anche ridicolizzati, in un appello e in numerosi articoli apparsi nel luglio 2007 sulla rivista Reset, a seguito della pubblicazione del libro “Viva Israele”, nel quale si accusa lo studioso Massimo Campanini di antisemitismo e di ignorare il pericolo islamista, mentre l’università italiana pullulerebbe “di professori cresciuti all’ombra delle moschee dell’UCOII, simpatizzanti coi Fratelli Musulmani, inconsapevolmente o irresponsabilmente collusi con la loro ideologia di morte”. (1)

Ma Magdi Allam non è un semplice giornalista freelance, è un editorialista del quotidiano da Lei diretto e anche un vicedirettore ad personam.

Risale quindi alla responsabilità morale, culturale e politica della direzione del giornale la campagna promossa dalle sue colonne.

Il clima politico generale, a livello nazionale e internazionale, è sempre più teso, nuove guerre sembrano all’orizzonte, mentre è preoccupante l’atmosfera di intimidazione che da qualche tempo si scatena ogni volta che si cerca di approfondire la questione mediorientale e di contestare l’uso sistematico della ipocrisia, della menzogna e del cinismo da parte dei media e della realpolitik.

Se un quotidiano come il Corriere della Sera, malgrado la sua storia, si fa promotore di una campagna di costruzione dell’altro come nemico, utilizzando in modo spregiudicato, come oggi è costume sempre più frequente, un intellettuale (un chierico verrebbe da dire, parafrasando il titolo di un saggio sempre attualissimo) di ‘origine non europea’, i segni già oscuri che hanno caratterizzato l’inizio del nuovo secolo, diventano ancora più foschi.

Le/i firmatarie/i, alcuni/e delle/dei quali aderenti anche all’appello ““Facciamo sentire la nostra voce. Una campagna per la verità” del settembre 2006, o a quello di Reset del luglio 2007 o a quello più recente “Gaza vivrà”, esprimono piena solidarietà alla prof.ssa Claudia Tresso e a quanti sono stati “messi in proscrizione” nelle vecchie e nuove “liste-Allam”.

Al direttore del Corriere della Sera, Paolo Mieli il dovere di una risposta.

Torino, 10 dicembre 2007

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