Sono davanti ad un banchetto della PSC (Palestina Solidarity Capaign) a Cambridge. Un banchetto come quelli dell’associazione Sardegna Palestina. Una signora, mentre prendo materiale, mi accosta e mi dice: perché il mondo è così cieco e sordo? Già … perché?
Dico subito che non citerò fonti o metterò link di riferimento per tutti gli episodi di infamità israeliana che elencherò. Ne e’ pieno il web. Dalle più piccole agenzie di stampa alle più grosse, anche israeliane , sino alle organizzazioni ufficiali tipo ONU; UE; ICJ (corte internazionale di giustizia). Queste ultime molto care a chi ha bisogno di dati acclarati da indagini sicure ed inconfutabili. Indagini sicure ed inconfutabili che però sono rese sempre molto difficili da israele e che hanno il grande difetto di arrivare a bocce ferme quando l’ondata di sdegno popolare si è placata ed israele è già riuscita ad annacquare tutto. Insomma sono stufo di dover continuamente giustificare con fonti quello che è sotto gli occhi di tutti. Se qualcuno ha ancora bisogno di questo se le vada a cercare lui le fonti!
Torniamo al perché. Perché non basta che una giovane famiglia sia annientata dall’incendio della propria abitazione appiccato dai settler coperti dall’esercito Israeliano con il conseguente processo farsa. Perché non bastano le esecuzioni sommarie su feriti inermi e sanguinanti a terra. Perché non bastano le gambizzazioni mirate : ”non si devono fare martiri ma handicappati”. Perché non basta che gli insegnanti di una scuola vengano fatti denudare ad un ceck point subendo l’umiliazione davanti ai loro allievi. Perché non basta che gli israeliani radano al suolo case palestinesi nel rispetto di una legge che i palestinesi non hanno potuto votare. Perché non bastano i raid notturni nelle case palestinesi mettendo a soqquadro tutto e terrorizzando i bambini con il solo scopo di farli vivere nel terrore. Perché non basta assetare un terra ed i suoi abitanti con il furto continuo dell’acqua. Perché non basta che un bambino che ha la scuola ad 1 Km da casa ci debba metter più di 2 ore per arrivarci. Perché non basta che un malato o una donna in travaglio debba aspettare ore ed ore in ambulanza ad un check point. Perché non basta che israele ha uno dei più alti numeri di prigionieri “politici” al mondo. Perché non basta che israele ha il più grande numero di prigionieri bambini del mondo. Perché non basta che istituzioni internazionali hanno riconosciuto che questi bambini subiscono torture. Perché non basta che in un mese 500 bambini palestinesi sono stati ammazzati. Perché non basta che in acque palestinesi si spari sui pescatori e si sequestrino le loro barche. Perché non basta che, in acque internazionali, si ammazzino 9 attivisti internazionali che viaggiano su una nave che porta derrate a Gaza. Perché non basta che buldozer dell’esercito israeliano uccidano Rachel Corrie che si oppone alla demolizione di una casa. Perché non basta che Vittorio Arrigoni sia stato ucciso da componenti di una cellula salafita, infiltrata dal mossad, nata dal nulla poco tempo prima del suo assassinio. Perché non basta…..
La risposta è sempre la stessa: gli Usa. Naturalmente la risposta è scontata ma non è completa. Non si discutono gli interessi militari (e di conseguenza economici) degli americani in israele. Israele è la più grande portaerei americana situata in una delle zone più strategiche del mondo: il mediterraneo . Ma questo non spiega il meccanismo che ci fa arrivare alla sordità ed alla cecità del mondo di cui mi parlava la signora. Il meccanismo è ben confezionato e molto scivoloso. Giornali e reti televisive hanno in tutte le redazioni o nei consigli di amministrazione, in varia misura a seconda delle testate , la presenza di israeliani che fanno passare le notizie che vogliono, come vogliono. Quando dico tutte intendo proprio tutte. Ed è scivoloso proprio per questo, perché anche la dove non te lo aspetti ci sono. Un famoso giornalista inglese, Jonathan Cook, autore di diversi libri sulla Palestina, che vive a Nazareth e ha scritto per molti giornali tra cui il Guardian , ha anche scritto un interessante opuscolo initolato “Publish it not!”, scaricabile dal web. In questo piccolo volumetto Cook spiega la strategia di israele nel manovrare la stampa cosidetta liberal. Cita molti esempi di come proprio nel Guardian, giornale generalmente inteso come filo palestinese, la presenza in posti strategici anche di un solo filo israeliano possa influenzare il risultato della pubblicazione di un articolo. Intervenire sui tempi di pubblicazione, sul titolo, sulla correzione di alcuni aggettivi, tutto per spuntare la forza dell’articolo e l’impatto sull’opinione pubblica. Fa forse più danno un articolo pro Palestina, edulcorato, fuori dai tempi giornalistici , poco incisivo ed annacquato, che un articolo dichiaratamente pro israele. Altro esempio è quello della BBC, già condannata in più di una occasione da una commissione deontologica interna per malpractice rispetto a notizie riguardanti la Palestina. Queste condanne hanno un valore puramente formale, nessuno ne sa mai niente perché non vengono pubblicizzate ed i filo israeliani se la ridono. Ormai il danno è fatto e loro continuano ad influenzare l’informazione a loro piacimento. Questo a me spaventa molto.
Se da una parte sento e vedo che la causa Palestinese è appoggiata da una marea crescente della cosiddetta società civile planetaria con cui israele dovrà prima o poi fare i conti, dall’altra mi chiedo quanto tempo si dovrà ancora aspettare e quanto sangue si dovrà ancora versare a causa di questa informazione ingessata?
Ecco allora spiegato il titolo provocatorio. Entrare in Europa è un processo complesso che richiede una esposizione globale del paese che ne fa richiesta. In buona sostanza vuol dire che deve lavare i propri panni sporchi in pubblico. La commissione europea deve presentare rapporti regolari al consiglio europeo del paese sotto esame. Il paese deve rispettare i cosiddetti criteri di Copenaghen ed all’art 6 il trattato recita: “rispettare i principi di libertà, di democrazia, di rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, nonché dello Stato di diritto”. Insomma tutto quello che israele non fa. Purtroppo la classe politica israeliana sa che sarebbe un Hara- Kiri e, nonostante in israele ci siano stati sondaggi favorevoli alla richiesta di entrare nell’unione europea, non c’è mai stato un politico che ne abbia mai fatto richiesta (e comunque, eccezion fatta per Cipro i paesi devono appartenere all’Europa intesa come continente). Molto più facile lavorare nel sottobosco delle commissioni parlamentari europee per fare approvare per esempio il trattato di cooperazione commerciale tra Europa ed israele.
A ben vedere credo che siano proprio i politici israeliani (e naturalmente gli americani) i più contrari all’iniziativa: non sia mai che il mondo diventi meno cieco e meno sordo!
Gianni Lixi (Associazione Amicizia Sardegna Palestina)