Sono tra chi sostiene che la nonviolenza sia un potente strumento e che, laddove si possa utilizzare, si deve percorrere questa strada perchè in taluni casi si riesce davvero a disarmare l’avversario. È con tristezza, però, che ricordo il viso sorridente di Rachel Corrie e le sue mani libere da qualsiasi strumento offensivo e, qualche secondo dopo, il suo corpo esanime a terra travolto da un soldato israeliano a bordo del suo gigante bulldozer. Il suo torto? Opporsi alla demolizione di una casa palestinese in territorio palestinese con la sola forza non violenta del suo corpo. Penso ai giovani palestinesi di Gaza che manifestano in prossimità del confine con in mano solo la bandiera del popolo palestinese, colpiti con mira spietata e infallibile dai cecchini dell’esercito israeliano, vera arma di terrore per il popolo palestinese. E naturalmente penso ai bambini, alle famiglie ammazzate nel sonno durante i bombardamenti su Gaza. Militari armati da tutti i governi israeliani dal 1948 ad oggi. È difficile, è veramente difficile pensare che tanta brutalità possa essere vinta con la sola forza della non violenza e della danza!
Mi ha molto colpito quindi la nota molto risentita e perfino minacciosa (“Ci riserviamo di ricorrere nelle sedi opportune per ogni notizia falsa pubblicata”) che gli organizzatori del “Love Sharing” (festival di Teatro e cultura nonviolenta), hanno fatto all’associazione Sardegna Palestina che si è giustamente lamentata dell’evento per aver accettato finanziamenti (in termini di rimborso biglietti e pernottamento come sempre si fa in queste manifestazioni) dall’ambasciata israeliana.
Precisano gli organizzatori che Nimrod Freed l’israeliano invitato da loro con fondi dell’ambasciata israeliana “promuove una cultura di pace, …è direttore della compagnia di danza Tami Dance Company, è un ferreo pacifista che afferma che “per tutta la nostra vita speriamo, preghiamo e danziamo per la pace. Vorremmo davvero che questo eterno conflitto si risolvesse pacificamente.” Nutro una sincera diffidenza nei confronti del signor Nimrod Freed, non sono convinto che sia veramente animato da sentimenti di pacificazione con il popolo palestinese o comunque che lavori per questo, come cercherò di dimostrare.
Di seguito riporto i nomi degli artisti israeliani che chiedevano ad altri artisti internazionali di boicottare Eurovision song conest a Tel Aviv 2019 : Aviad Albert musicista, Shlomit Altman artista, Meira Asher sound artista, Kerem Blumberg film maker, Dror Dayan filmaker, Anat Even filmmaker, Ohal Grietzer musicista, Nir Harel artista, Avi Hershkovitz film director, Liad Hussein Kantorowicz performance, Noki Katan artist, DJ Jonathan Ofir direttore d’orchestra e violinista, Hagar Ophir installation and performance artista, David Oppenheim artista, musicista, Michal Peleg scrittore, Nira Pereg artista, Timna Peretz, filmmaker Sigal Primor, artista Danielle Ravitzki, musicista, visual artist Ben Ronen, visual artist Michal Sapir, musicista, scrittore Anka Schneidermann, artistaYonatan Shapira, musicista Eyal Sivan, documentary filmmaker Eran Torbiner, documentary filmmaker Eyal Vexler, art and cultural producer and curator; Oriana Weich,artista.
Ed ecco alcune motivazioni che hanno portato gli artisti israeliani a boicottare l’evento:
“Noi, ebrei israeliani che desideriamo vivere in una società pacifica e democratica, riconosciamo che non c’è modo di ottenerla senza porre fine all’oppressione del nostro governo su milioni di Palestinesi. Una società non può essere considerata democratica se mantiene un dominio militare su milioni di persone, negando loro i diritti fondamentali, incluso il diritto di voto…”
…Nella stessa Tel Aviv Israele espelle i nativi palestinesi di Giaffa usando mezzi economici e pseudo legali, sfrattando le famiglie, demolendo le case e trascurando e distruggendo interi quartieri….
..Abbiamo riflettuto profondamente sulle esibizioni programmate. Da un lato, sarebbe meraviglioso ascoltare la vostra musica e i vostri messaggi di inclusività. Dall’altro, questo messaggio sarà diffuso a Tel Aviv, e sarà usato da Israele come mezzo di pubbliche relazioni per distrarre dalla sua occupazione militare, dalle politiche di apartheid e dalla pulizia etnica contro il popolo palestinese. Sarebbe un perfetto diversivo. Noi, come artisti, non possiamo tacere mentre le nostre controparti palestinesi soffrono in silenzio disumanizzazione e violenza, e vi chiediamo di unirvi a noi per denunciare. Gli artisti palestinesi vi hanno esortato a ritirarvi dall’Eurovision e noi ci uniamo alla loro esortazione, per il loro bene e per il nostro futuro.
Nimrod Freed, artista israeliano: non pervenuto.
Scorrendo frettolosamente i curricula degli artisti firmatari, si evince che molti sono stati costretti o hanno lasciato Israele per vivere in altre città europee. Per motivi di spazio e per non appesantire lo scritto mi soffermo su un artista, Jonathan Ofir direttore d’orchestra e violinista che ora vive in Danimarca. In un articolo per “The Turban Times” scrive: “Sin dall’inizio i sionisti avrebbero sperato che la Palestina sparisse. Dapprima per loro era “una terra senza popolo”, poi Golda Meir disse che “la Palestina non esiste (1969)”, poi Moshe Dayan disse che “la Palestina non esiste più. È tutto finito (1973)”. Ma non è finita, non se n’è andata, non se ne sono andati!”
Ecco cosa si legge invece sul sito di Nimrod Freed: Nimrod’s works are successfully performed world-wide and in Israel. Italy – the International Biennale of Architecture in Venice; New York –Central Park SummerStage Festival; China – Shanghai Expo, the world’s largest exposition, and the Guangdong Festival; Australia – among the opening performances of the huge prestigious Brisbane Festival, in an international co-production; Johannesburg – the interdisciplinary Biennale for Architecture; India – the international film festival in Goa; Tokyo – performances with international cooperation with the Japanese Stage Designers Organization; Europe – the Minsk Opera House in Belarus; Portugal, Croatia, Romania, Germany, Cyprus, Spain; Israel – the Israel Festival in 1990, 2007, 2008, 2011, Spring Festival in Rishon LeZion, Akko Festival, Bat Yam Festival, Carmiel Festival, Suzzanne Dellal- International Exposure Festival, etc., in addition to performances at more than 40 cities and communities throughout Israel.”
Cioè è andato dappertutto ma non è andato in Palestina!! Un pò pochino per uno che dice che con la danza vuole aiutare a risolvere pacificamente questo conflitto (si lo chiama proprio così!).
Nella note biografiche di Jonathan Ofir direttore d’orchestra e violinista israeliano e in quelle degli altri artisti firmatari dell’appello al boicottaggio dell’Eurovision contest song non c’è naturalmente traccia di finanziamenti ricevuti dal governo israeliano.
Nel sito di Nimrod Freed si legge invece: “It is supported by the Ministry of Culture and Sport, the Culture Administrationdepartment of Dance,The Lottery Council for Culture and Art, the Foreign Ministry – the Division for Culture and Scientific Relations, Tami House Central Tel Aviv Community Center, Choreographers’ Association.
Ora, è del tutto evidente il tipo di ritorno di immagine che ha Israele nel mandare in giro un artista che non parla delle nefandezze del suo paese ma che trasmette un messaggio di non violenza e arte in forma di danza. Delle due l’una: o questo artista si comporta inconsapevolmente facendo l’utile idiota (e per un artista è imperdonabile); oppure, come forse è più probabile, i soldi del ministero che lo sponsorizza sono a piè di lista del libro paga della Hasbara, l’ente di propaganda israeliana che ha un budget più alto del ministero dell’interno.
A questo punto gli organizzatori del convegno hanno uno strumento non violento e pacifico per non prestarsi a strumentalizzazioni: riconoscere con umiltà che l’errore è stato fatto in buona fede. Sarebbe già abbastanza.
Naturalmente poi sarebbe opportuno che tutte le associazioni che hanno dato la propria adesione prendessero ufficialmente le distanze sopratutto quelle che in altre occasioni hanno espresso solidarietà al popolo palestinese.
PS: Ho appena appreso che Mouhamed Dieng ha revocato con una comunicazione ufficiale la sua partecipazione all’evento quando ha saputo che tra gli sponsor c’era l’ambasciata israeliana.
Gianni Lixi
Foto: Ahmad Al Aruri