MOTI

Un sentiero di lettura sull’opera di Hannah Arendt. Dal legame con Martin Heidegger alla sue riflessioni attorno alla «questione ebraica», il percorso di una filosofa che ha spesso guardato alla sfera pubblica come il luogo di una presa di parola e della costituzione di soggettività politiche da parte di uomini e donne che fanno dello sradicamento il loro punto di forza
Kurt Blumenfeld, l’influente sionista che rappresentò a lungo una delle figure di riferimento di Hannah Arendt, ha sostenuto che il nonno della filosofa tedesca, Max Arendt, reagisse con queste parole alle sollecitazioni del sionismo: «giudico un assassino chi mi contesta il mio essere un tedesco!». L’episodio, citato nella biografia arendtiana di Antonia Grunenberg da poco tradotta in italiano (Hannah Arendt e Martin Heidegger. Storia di un amore, Longanesi, pp. 500, euro 32), può servire ad introdurre il tema del controverso rapporto tra Arendt e la sua identità ebraica.

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